Il 12% degli occupati in Italia è precario, il 33,4% al sud

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Il 12% degli occupati in Italia è precario, il 33,4% al sud

04 Gennaio 2009

Alla fine del mese di settembre hanno raggiunto quota 2.812.700, sono il 12% del totale degli occupati in Italia: sono i lavoratori atipici, più comunemente chiamati "precari", secondo le stime della Cgia di Mestre. Dal 2004 al settembre scorso i precari sono aumentati del 16,9%, 5 volte di più dell’incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che sono cresciuti, nello stesso periodo, del 3,1%. Il Mezzogiorno è la macro area dove sono più numerosi: ben 940.400 pari al 33,4% del totale nazionale.

La Cgia ha analizzato il mercato del lavoro nazionale concentrando l’attenzione sul mondo dei cosiddetti flessibili costituito da dipendenti a tempo determinato (che include anche gli ex lavoratori interinali), da lavoratori assunti con collaborazioni coordinate e continuative a progetto e da prestatori d’opera occasionali.

A sorpresa è il Sud la ripartizione geografica che ne conta di più. "La maggior presenza di precari al Sud- commenta Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre – è dovuta al fatto che in quell’area sono più diffuse che altrove le attività stagionali che per loro natura richiedono contratti a tempo determinato come l’agricoltura, il turismo, la ristorazione e il settore alberghiero. Non va nemmeno dimenticato che una buona parte di questi precari sono assunti nel pubblico che nel Mezzogiorno continua ad essere un serbatoio occupazionale ancora molto significativo".

Se i 940.400 precari occupati nel Sud costituiscono il 33,4% del totale nazionale, a Nordovest sono 692.600 (pari al 24,6% del totale), nel Centro 606.000 (21,5%) e nel Nordest 573.700 (20,4%).

L’analisi della CGIA di Mestre si è soffermata anche sull’orario medio settimanale di alcune di queste figure. Se un co.co.pro. mediamente ogni settimana lavora 31 ore, un prestatore d’opera occasionale è occupato per 23, contro una media settimanale di un operaio assunto a tempo indeterminato pari a 37 e di un impiegato sempre con il posto fisso pari a 35.

"La cosa interessante – conclude Bortolussi – è che tra gli impiegati e gli operai con un posto di lavoro stabile oltre il 50%, cioè 7.669.000 occupati su un totale di 15.181.000, lavora effettivamente più di 40 ore settimanali contro una media delle due categorie messe assieme pari a 36. Almeno in linea teorica ci sono le condizioni, per alcuni settori produttivi, di ragionare sull’ipotesi di introdurre la settimana corta in funzione anti-crisi".